La memoria narrativa del cervello

Il flusso continuo di percezioni che costituiscono un evento viene frammentato dal cervello in blocchi che hanno un significato. Per la prima volta una ricerca chiarisce come avviene questo processo essenziale per poter ricostruire la narrazione delle nostre esperienze.

Il modo in cui il cervello organizza e archivia le scene di un evento complesso per poterlo poi richiamare dalla memoria a lungo termine conservandone la struttura narrativa inizia a essere chiarito grazie a uno studio della Princeton University pubblicato su “Neuron”.

L’esperienza reale consiste in un flusso continuo di stimoli percettivi. Il cervello deve dunque strutturare l’esperienza in unità, o blocchi (chunk), che possono essere compresi e ricordati; ovvero, come scrivono Chris Baldassano e colleghi, in “segmenti significativi della propria vita, unità coerenti della propria storia personale”.
Solitamente, però, percezione e memoria sono studiate ricorrendo a successioni di immagini o parole isolate. Per questo non erano stati ancora identificati i correlati neurali di questa attività di frammentazione in blocchi dell’esperienza e della loro memorizzazione a lungo termine.

Baldassano e colleghi hanno sottoposto a risonanza magnetica funzionale (fMRI) cerebrale due gruppi di persone, il primo dei quali assisteva a un episodio di un telefilm, mentre l’altro ne ascoltava la descrizione audio. Successivamente a entrambi i gruppi è stato chiesto di rievocare e descrivere quanto avevano visto o sentito, sempre sotto fMRI, una tecnica che permette di visualizzare l’attività cerebrale.

In entrambi i casi i ricercatori hanno osservato l’attivazione di caratteristiche sequenze di stati di attività stabili punteggiati da rapidi cambiamenti. La sequenza degli stati era inoltre identica per entrambe le modalità di percezione.

Da una più approfondita analisi dei dati gli autori hanno poi desunto che questa attività coinvolgeva la cosiddetta rete di default: questa rete è attiva “per impostazione predefinita”,
ossia anche quando una persona non sta facendo nulla e non si sta concentrando su nessun evento esterno. Ciò contraddice l’opinione diffusa che questa parte del cervello si limiti a monitorare l’attività interna della persona, e suggerisce che sia costantemente impiegata anche a costruire rappresentazioni di quello che sta succedendo nel mondo circostante.

I ricercatori hanno anche scoperto che le aree cerebrali attivate durante la rievocazione dell’esperienza non solo erano le stesse attive durante la percezione, ma anche l’ordine della loro attivazione era lo stesso, così da riproporre lo stesso schema di attività.

Baldassano e colleghi hanno anche scoperto che, durante la visione o l’ascolto dell’episodio, l’ippocampo, una struttura centrale per la memoria, si attivava sistematicamente alla fine di ogni “blocco” (ossia di ogni schema di attivazione di più lunga durata); inoltre gli autori hanno rilevato che l’intensità dell’attivazione corrispondeva alla facilità e alla precisione con cui quella scena veniva rievocata, come se l’ippocampo prendesse delle “istantanee” utili a supportarne la memorizzazione a lungo termine.

www.lescienze.it

 

Pubblicato in NEWS e taggato , , , , .